Quando si parla di scuola e valutazione, il primo pensiero corre ai risultati scolastici: voti, prove superate, obiettivi raggiunti. Ma davvero il modo giusto per misurare il percorso di uno studente è il risultato in un determinato arco di tempo?

Ogni studente ha i suoi tempi di apprendimento, come ho spiegato nel “Fattore T – insegnare significa saper aspettare“. C’è chi assimila in fretta e chi invece ha bisogno di sedimentare, mostrando progressi solo più avanti. Ecco perché il vero indicatore di crescita non può essere solo il risultato, ma soprattutto l’impegno.

 

Cos’è davvero l’impegno? Benefici dell’impegno nello studio

L’impegno non è semplicemente “fare i compiti” o “studiare tante ore”.
In pedagogia, l’impegno è definito come la disponibilità costante dello studente a investire energie cognitive, emotive e sociali per raggiungere un obiettivo.

Significa:

  • – affrontare le difficoltà senza arrendersi;
  • – provare più volte anche dopo un errore;
  • – mantenere la motivazione nel tempo;
  • – collaborare con i compagni per superare ostacoli comuni.

Dal punto di vista didattico, l’impegno è ciò che trasforma la conoscenza in competenza: un seme che, anche se non germoglia subito, prepara il terreno a futuri successi.

Oggi la scuola italiana prende in considerazione l’impegno, ma spesso in modo marginale. Lo si legge nelle note di classe o nei giudizi descrittivi, ma non trova un posto ufficiale nelle griglie di valutazione ministeriali.

Eppure, senza impegno, nessun apprendimento può essere duraturo. È l’impegno a determinare la costanza, la motivazione e la resilienza che permettono allo studente di non mollare anche davanti alle difficoltà. È proprio l’impegno che fa la differenza. Senza impegno, anche il talento rimane inespresso.

 

Casi di successo: quando impegno e passione hanno fatto la differenza

La passione è la scintilla che rende naturale l’impegno: quando qualcosa ci appassiona, non studiamo più perché dobbiamo, ma perché vogliamo. È ciò che hanno dimostrato i grandi uomini della storia e della scienza: dietro le loro difficoltà scolastiche c’era la forza di una passione che li spingeva ad approfondire, a non arrendersi, a fare di più.

  • Thomas Edison: a scuola venne definito “incapace di apprendere”. Fu la madre a incoraggiarlo, e il suo impegno costante lo portò a diventare uno degli inventori più prolifici della storia.
  • Luciano Pavarotti: inizialmente non eccelleva negli studi scolastici e faticava a conciliare la passione per la musica con i percorsi tradizionali. Per anni fu criticato e addirittura rifiutato da teatri prestigiosi. Solo la sua dedizione costante lo portò a diventare il tenore più famoso del mondo.
  • Gennaro Gattuso: a scuola non era brillante e preferiva il calcio allo studio. Spesso criticato per limiti tecnici, ha dimostrato che costanza e sacrificio possono valere quanto il talento.

Questi esempi, diversi tra loro, dimostrano una cosa: il talento può aprire una porta, ma è l’impegno che la mantiene spalancata.

Nel metodo PUBH, questa passione diventa motore didattico: stimola la curiosità, dà senso allo sforzo, trasforma l’apprendimento in una scelta che appartiene allo studente. In quel momento l’impegno non è più imposto dall’esterno, ma nasce da dentro, ed è proprio lì che diventa duraturo e autentico.

Ma come nasce la passione negli studenti? Qui entra in gioco il docente. È lui a poter rendere una lezione viva, collegare i contenuti al mondo reale, stimolare la curiosità con esempi, storie, giochi, sfide. Il docente appassiona quando mostra a sua volta entusiasmo per ciò che insegna, quando trasmette il senso e l’utilità di quello che si impara, quando dà spazio al confronto e alla creatività. Nel metodo PUBH, il docente diventa un facilitatore che accende emozioni: propone attività di gamification che trasformano il sapere in esperienza, valorizza ogni contributo, crea un clima di fiducia e di comunità. Così gli studenti non si impegnano perché costretti, ma perché attratti: l’impegno nasce spontaneo, sostenuto dal piacere di scoprire e di condividere.”

 

L’impegno come leva motivazionale

L’impegno in pedagogia significa costanza, motivazione, resilienza.

Vuol dire:

  • – provare anche dopo un errore;
  • – restare motivati anche senza risultati immediati;
  • – collaborare con la classe e rispettare le regole;
  • – non arrendersi davanti alle difficoltà.

Dal punto di vista pedagogico, l’impegno rafforza dunque:

  • – la motivazione intrinseca, cioè il piacere di imparare, evitando frustrazioni e abbandono scolastico;
  • – la resilienza, fondamentale per affrontare ostacoli, rinforzando l’autoefficacia dello studente, cioè la percezione di potercela fare;
  • – l’inclusione, perché tutti possono impegnarsi, indipendentemente dal livello di partenza.

Un “Bravo, vedo che ti impegni” non è una frase banale: è carburante motivazionale. È questo che costruisce l’apprendimento duraturo.

Per la psicologia dell’apprendimento, l’impegno è legato al concetto di motivazione intrinseca: la soddisfazione che deriva dal mettersi alla prova, più che dal voto o dalla ricompensa esterna.

Il Metodo PUBH: trasformare l’impegno in successo
Valorizzare l’impegno nella scuola

Il metodo PUBH integra l’impegno come elemento strategico. Grazie alla gamification:

  • – lo studente, viene motivato con sfide e missioni, riceve riconoscimenti progressivi (feedback, punti) che valorizzano la costanza;
  • – il percorso diventa gratificante e non solo finalizzato al risultato;
  • – l’apprendimento diventa un gioco di squadra, dove ciascuno contribuisce con il proprio impegno;
  • – l’attenzione non è solo sul voto finale, ma sul percorso personale di crescita.

In questo modo, anche chi non riesce subito a ottenere risultati eccellenti, sente di essere visto, riconosciuto e valorizzato.

Nella metodologia PUBH l’impegno è un elemento centrale: non è un accessorio, ma il vero motore che permette allo studente di attivare i suoi processi cognitivi e di non rinunciare anche quando i risultati tardano ad arrivare.

Con la gamification dunque lo studente diventa protagonista attivo: missioni, livelli e sfide trasformano lo studio in un percorso motivante.

Il metodo PUBH mette al centro proprio l’impegno:

  • – premia la partecipazione attiva;
  • – riconosce la costanza nello studio;
  • – valorizza la collaborazione e il rispetto;
  • – trasforma il percorso in un gioco di crescita personale.

In questo modo, anche chi non ottiene subito grandi risultati sente di avere un ruolo, viene motivato a continuare e non si sente escluso.

 

L’Impegno è la vera chiave

Se il risultato fotografa un momento, l’impegno racconta la storia che porta a quel momento.

Per una scuola più inclusiva e motivante, dobbiamo dare all’impegno il valore che merita.
È l’elemento che spinge lo studente a continuare, a credere in sé stesso e a raggiungere, prima o poi, i suoi obiettivi.

E in questo percorso, il ruolo dell’insegnante è centrale: deve osservare e riconoscere lo sforzo di ciascuno studente, valorizzare i progressi anche piccoli, creare attività che stimolino curiosità e partecipazione, usare strumenti di gamification per trasformare l’impegno in un’esperienza gratificante, personalizzare i percorsi di apprendimento secondo i ritmi individuali e fornire feedback costruttivi e motivanti. L’insegnante non valuta solo il risultato: è guida, motivatore e facilitatore dell’impegno, trasformando lo sforzo in crescita reale e sostenibile.

Allo stesso tempo, la classe deve essere una comunità che cammina insieme: gli studenti imparano non solo dai propri successi, ma anche dal supporto reciproco. È corretto aspettarsi e incoraggiarsi aiutandosi a vicenda, perché il successo di uno diventi il successo della squadra. In questo modo, l’impegno individuale si moltiplica e diventa forza collettiva, creando un clima positivo, inclusivo e motivante per tutti.

Il metodo PUBH nasce proprio da questa visione: valorizzare l’impegno come fattore strategico dell’apprendimento, con strumenti innovativi e motivanti.

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Altre sperimentazioni


“The role of effort in understanding academic achievements: empirical evidence from China”European Journal of Psychology of Education
Questo studio evidenzia come l’impegno abbia un impatto positivo sui risultati scolastici, anche se non sempre immediato, specialmente per studenti di contesti socio-economici più svantaggiati.

Don Lorenzo Milani e la sua scuola. Le problematiche e le prospettive dell’istruzione nella “Lettera a una professoressa”
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In questo articolo si analizza l’esperienza educativa di Barbiana e le difficoltà della scuola italiana: si parla di dispersione scolastica, di disuguaglianze, di come il sistema scolastico tende a “fare parti uguali tra diseguali”. È una fonte storica-pedagogica significativa che può supportare l’idea che molti studenti affrontano difficoltà (scolastiche, sociali, culturali) e che un sistema educativo veramente inclusivo deve valorizzare non solo il risultato, ma l’impegno, la crescita, il supporto.

 

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Fin da piccola sognavo di crescere in una scuola diversa, nuova, stimolante, divertente, capace di coinvolgere i propri studenti dal primo all’ultimo, che appassionasse bravi e meno bravi, attenti e svogliati, super dotati e chi avesse particolari difficoltà, insomma una scuola innovativa, una scuola per tutti.

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