Come dice il noto cantante Ultimo in una sua canzone «non mi piace studiare, ma mi piace sapere».
Lo studio rappresenta un ostacolo per molti ragazzi che sono poco motivati a crescere in ambito scolastico. Grazie alla cultura della diversità dobbiamo concentrarci sulla ricerca di nuovi modelli in grado di rendere la scuola gratificante anche per chi oggi si sente ai bordi, ultimo... ma ha tanta voglia di sapere.
Perchè ricercare un nuovo modello di apprendimento?
Volevo trasformare la mia nuova esperienza con i ragazzi in un momento di soddisfazione reciproca sfruttando le mie precedenti conoscenze in ambito professionale, ricercando il piacere di insegnare, il piacere di imparare.
Ho trasformato, dunque, la classe in una visione di mercato e trasformato i miei studenti in clienti da soddisfare nella loro voglia di imparare, crescere, raggiungere traguardi gratificanti e vicini alle loro possibilità.
A onor del vero, mi è stata data l’opportunità di insegnare in modalità CLIL presso un istituto tecnico e in una scuola media paritaria. In quasi 50 minuti effettivi di lezione a settimana avrei dovuto portare avanti il programma didattico, valutare classi di circa 25 studenti con verifiche scritte e orali, mantenendo sempre alta l’attenzione e la motivazione di tutti.
Compito arduo, ma non impossibile.
Come fare?
Mi ero fatta questa domanda perché non volevo utilizzare l’insegnamento tradizionale con lezioni frontali, spesso poco coinvolgenti; avrei potuto sfruttare le nuove e affascinanti metodologie didattiche come la Flipped Classroom (classe rovesciata), ma rischiavo di rallentare il programma o di non coinvolgere alcuni dei miei studenti più timidi o con particolari difficoltà nell’apprendimento.
Dopo alcune settimane di studio sulle dinamiche interne in 12 differenti classi di diversa età (11-18 anni), individuai un modello per superare questo ostacolo e raggiunsi appieno il mio obiettivo interagendo con lo studente con reciproca soddisfazione. La sperimentazione è durata circa tre anni, con risultati sorprendenti. L’80% della classe interagiva con me positivamente per raggiungere il traguardo posto.
La formula giusta era interagire con loro attraverso un gaming!
Ma come riuscire ad insegnare giocando senza rischiare di cadere nella banalità o essere sopraffatti da un possibile caos?
La risposta stava nelle Regole che sottendono ogni gioco che si rispetti.
Nasce così il metodo PUBH.
Fin da piccola sognavo di crescere in una scuola diversa, nuova, stimolante, divertente, capace di coinvolgere i propri studenti dal primo all’ultimo, che appassionasse bravi e meno bravi, attenti e svogliati, super dotati e chi avesse particolari difficoltà, insomma una scuola innovativa, una scuola per tutti.