Come canta Ultimo: «non mi piace studiare, ma mi piace sapere».
Per molti ragazzi lo studio appare come un ostacolo, un percorso faticoso che rischia di spegnere la motivazione. Eppure, dietro questa resistenza, c’è spesso una grande sete di conoscenza.
La scuola di oggi deve saper accogliere questa sfida, valorizzando la cultura della diversità e cercando modelli nuovi, capaci di rendere l’apprendimento gratificante anche per chi si sente “ai margini”, ultimo… ma con tanta voglia di sapere.
Perché ricercare un nuovo modello di apprendimento?
Volevo trasformare la mia esperienza con i ragazzi in un momento di crescita e soddisfazione reciproca, valorizzando le competenze maturate nel mio percorso professionale e riscoprendo il piacere dell’insegnare e dell’imparare.
Ho iniziato a guardare la classe con una nuova prospettiva: come un “mercato educativo” in cui gli studenti diventavano i miei primi clienti da soddisfare, sostenendoli nella voglia di imparare, crescere e raggiungere obiettivi stimolanti, concreti e alla loro portata.
A darmi l’opportunità di sperimentare è stata l’esperienza di insegnamento in modalità CLIL presso un istituto tecnico e una scuola media paritaria. Con soli 50 minuti effettivi di lezione a settimana, avevo il compito di portare avanti un programma didattico impegnativo, valutare classi di circa 25 studenti attraverso verifiche scritte e orali, e al tempo stesso mantenere viva l’attenzione e la motivazione di tutti. Un compito arduo, ma non impossibile.
La domanda che mi sono posta è stata: come fare?
Non volevo limitarmi a un insegnamento tradizionale, fatto di lezioni frontali spesso poco coinvolgenti. Avrei potuto ricorrere alla Flipped Classroom (classe rovesciata), ma correvo il rischio di rallentare il programma o di non riuscire a coinvolgere i ragazzi più timidi o con bisogni educativi particolari.
Dopo settimane di osservazione delle dinamiche interne su 13 classi di età compresa tra gli 11 e i 18 anni, ho individuato un modello capace di superare questi ostacoli. La sperimentazione, durata quattro anni, ha dato risultati sorprendenti: l’80% degli studenti interagiva attivamente e con entusiasmo per raggiungere gli obiettivi stabiliti nel gioco ed in base alle capacità e strategie individuali. Circa il 70% degli studenti a distanza di 2/3 anni ricordava maggiormente conoscenze tecniche acquisite con la gamification piuttosto che con lezioni tradizionali.
La chiave era il gioco: interagire con loro attraverso una dimensione di gaming che trasformava la lezione in una sfida coinvolgente. Avevo compreso che gli studenti imparavano di più quando erano concentrati sul gioco, piuttosto che sulla prestazione finalizzata unicamente alla valutazione.
Ma come insegnare giocando senza scivolare nella banalità o rischiare il caos?
La risposta era nelle regole: quelle stesse regole che rendono ogni gioco credibile, motivante ed efficace.
Nasce così il metodo PUBH.
La metodologia PUBH nasce dall’esigenza di ottimizzare tempi e prestazioni in modo che gli obiettivi formativi risultino chiari, concreti e raggiungibili da tutti gli studenti in tempi brevi. L’idea è offrire un percorso didattico che utilizza la logica del gioco come strumento motivazionale: la presenza di sfide, punteggi e livelli stimola lo studente a elaborare una strategia personale, favorendo il coinvolgimento attivo.
Un elemento centrale è la possibilità di recupero: ogni studente, anche in caso di errore, può rientrare nel gioco e raggiungere comunque l’obiettivo. Questo approccio riduce la frustrazione, rafforza la resilienza e rende l’apprendimento inclusivo e motivante.
Il progetto PUBH utilizza la gamification e le logiche del gioco per potenziare l’apprendimento e stimolare la motivazione degli studenti. L’idea è trasformare il processo formativo in un percorso coinvolgente, caratterizzato da sfide, livelli, missioni e premi simbolici che favoriscono la partecipazione attiva e il protagonismo dello studente.
IL PROGETTO PUBH
OBIETTIVI
Sviluppare competenze trasversali e disciplinari attraverso attività ludico-didattiche.
Contrastare il calo motivazionale e la dispersione scolastica, stimolando l’interesse anche degli studenti a rischio o con BES/DSA.
Favorire l’inclusione grazie a dinamiche collaborative che valorizzano le diverse abilità.
Promuovere un approccio di apprendimento attivo e cooperativo, in linea con le nuove metodologie didattiche e con le indicazioni del Ministero.
METODOLOGIA
Applicazione di principi di gamification (punti, bonus, attività di squadra) alle attività didattiche, rendendo i contenuti curricolari più accessibili e stimolanti.
Uso di compiti autentici e di realtà, che collegano l’apprendimento scolastico a contesti concreti.
Attività in cooperative learning e peer education, per sviluppare collaborazione e responsabilità condivisa.
Integrazione di strumenti digitali e piattaforme interattive, favorendo lo sviluppo delle competenze digitali.
DESTINATARI
Studenti della scuola secondaria di II grado (in cui è già stato sperimentato), ma potrebbe essere utilizzato anche nella primaria, con particolare attenzione a:
chi manifesta disinteresse o difficoltà di apprendimento;
studenti con BES/DSA, per i quali la dimensione ludica aumenta motivazione e inclusione.
IMPATTO ATTESO
Miglioramento della motivazione intrinseca e della partecipazione.
Riduzione del rischio di abbandono scolastico.
Rafforzamento delle competenze disciplinari, unite a soft skills trasversali (problem solving, pensiero critico, lavoro di gruppo).
Creazione di un modello replicabile in altre scuole e adattabile a diverse discipline.
COMPETENZE IN CHIAVE EUROPEA
Il progetto contribuisce allo sviluppo di:
Competenza multilinguistica – grazie ad attività di gioco in lingua straniera e simulazioni comunicative.
Competenza disciplinare e competenze di tecnologia con applicazione a casi reali– mediante sfide e problem solving.
Competenza digitale – uso consapevole di piattaforme, applicazioni e ambienti virtuali.
Competenza personale, sociale e capacità di imparare a imparare – autovalutazione, gestione delle emozioni, resilienza nei percorsi ludici.
Competenza in materia di cittadinanza – regole condivise, collaborazione, rispetto reciproco.
Competenza imprenditoriale – creatività, iniziativa, gestione di risorse e progetti.
Competenza in materia di consapevolezza ed espressione culturale – valorizzazione della creatività attraverso dinamiche di gioco e narrazione
Fin da piccola sognavo di crescere in una scuola diversa, nuova, stimolante, divertente, capace di coinvolgere i propri studenti dal primo all’ultimo, che appassionasse bravi e meno bravi, attenti e svogliati, super dotati e chi avesse particolari difficoltà, insomma una scuola innovativa, una scuola per tutti.